lunedì 12 dicembre 2011

Lui vola

Il tempo vola. Non è una frase fatta, vola davvero. Se chiudo gli occhi lo sento proprio passarmi accanto rapido, una brusca folata di vento, imbizzarrita, che mi scompiglia i capelli come la Tramontana della mia infanzia e mi arrossa le gote come dopo una corsa. Sì perché lui corre, ed io con lui, alla faccia dell’asma, tanto non è mica la maratona che è passata davanti a casa mia un paio di domeniche fa che mi faceva venire il fiato grosso solo a guardarla. La mia è una gara un po’ più lunga, ci fanno un baffo quarantadue chilometri, qui si continua a correre che si potrebbe farci il giro del mondo e pure diverse volte. Io corro e lui vola. Bella coppia, non c’è che dire, anche se a volte vorrei proporgli una tregua, un break, un semaforo rosso, un time-out come nel basket, giusto il tempo di tirare un po’ il fiato, far due parole, soffiarsi il naso, pianificare una strategia. Nulla, lui non ci sente da quell’orecchio, e vola più che mai, ed io continuo a pedalare svelta. Capita così che non ci sia neanche più un momento per venire qui e deporre un uovo, che mica lo si può scodellare al volo, che diamine, anche la più veloce delle galline necessita di un minimo di concentrazione, sennò si sbaglia la mira e sai che frittata, anche se ogni tanto ci starebbe bene pure quella. Oh, sì, una bella frivolissima frittata. Così i pensieri restano in testa, si accavallano, sgomitano e dopo un po’ sbiadiscono, si induriscono come il pane dimenticato in fondo alla dispensa che poi non è più buono neppure per farci la ribollita. Quanti pensieri sono volati in questi giorni. Non sono riuscita a fermarli e son già passati oltre, ed ha poco senso cercare di riacciuffarli adesso. Così mentre il tempo continua a volare e a sbatacchiarmi come un aquilone nel vento teso, guardo soltanto ai pensieri di domani, di questo dicembre che è riuscito ancora una volta a cogliermi impreparata, dell’abete che staziona in fondo alle scale nudo come un verme in attesa del suo abito, dei colloqui scolastici da andarci con il coltello tra i denti, e non perché abbia cattive intenzioni verso qualche prof ma solo per riuscire a passare indenne l’apertura del cancello e l’ingresso dell’orda selvaggia, e i bigliettini fatti a mano che ho paura resteranno soltanto un bel progetto. D'altronde, lui vola.

2 commenti:

Isabel ha detto...

parole sante :)

PaolaFrancy ha detto...

l inizio di questo post mi ha fatto commuovere. *lo sento proprio passarmi accanto rapido, una brusca folata di vento, imbizzarrita, che mi scompiglia i capelli come la Tramontana della mia infanzia*. in questo momento avrei tanto bisogno di uno stop, ma non solo io, anche chi mi sta intorno. vorrei che fosse possibile fermarsi anche solo per un giorno a godere di altro, non solo dei risultati, dei soldi, dei successi. di altro. io lo faccio, a volte, ma mi sento sola. mi vedo anche io, piccola, con il vento nei capelli e il sole e le passeggiate nei boschi con mia madre. ma dove si ritrova tutto questo? ok, la smetto e vado, va a finire che ti intristisco di brutto :) un bacione, gallina. mi piace proprio come scrivi, paola

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